Il Vangelo di questa domenica, che è anche l’ultima dell’anno liturgico, si conclude con l’affermazione lapidaria di Gesù difronte a Pilato che lo incalza sulla sua identità: “Io sono re“.
Al termine dell’anno, infatti, si celebra la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’Universo.
Ma che tipo di regalità è quella di Gesù? Certamente diametralmente opposta alle monarchie terrene.
Egli, infatti, non è venuto per dominare e soggiogare, ma per servire e dare la vita.
Potremmo dire che Cristo non è un re come gli altri, ma è re per gli altri. Il suo regno non è di questo mondo, ma per questo mondo.
Il modo d’intendere la propria vocazione e missione da parte di Cristo è per noi un modello a cui ispirare il nostro modo di vivere la nostra vocazione e missione.
Noi suoi seguaci, infatti, non dobbiamo pensarci parroci, educatori, genitori, figli, sposi, imprenditori, lavoratori, amministratori, amici, come gli altri, ma per gli altri.
Il nostro comportamento non deve ispirarsi al modo di fare comune, tanto meno le nostre scelte devono essere orientate da tornaconti personali.
I nostri incarichi e le nostre cariche non dobbiamo viverli come occasione per salire la scala sociale ed elevarci sopra gli altri, ma come chiamata a scendere i gradini del servizio.
Approfittiamo della festa odierna per riflettere su cosa significhi il suo messaggio per noi.
Don Michele Fontana