A servizio della bellezza

Ogni anno, nella IV domenica di Pasqua, la liturgia offre la lettura di un brano del decimo capitolo del Vangelo di Giovanni in cui Gesù parla di sé utilizzando la metafora del Buon pastore.
O meglio, del “Bel pastore“, secondo la traduzione dell’aggettivo greco “kalòs“.

Rileggendo il brano proposto quest’anno si nota immediatamente la martellante ripetizione del verbo “dare“.
Per cinque volte in pochi versetti Gesù afferma di essere il bel pastore perché dona la vita.
Così dicendo indica quale caratteristica ci rende veri pastori nei confronti delle persone affidateci.

In verità anche in questo caso il termine originario non corrisponde a quello che leggiamo nella versione in italiano. Propriamente il verbo utilizzato è, infatti, “deporre” (in greco tithêmi) la vita.

Ma che significa che per essere buoni pastori dobbiamo deporre la vita?
La risposta la troviamo proseguendo la lettura del Vangelo di Giovanni dove, qualche capitolo dopo, nel contesto dell’Ultima Cena viene utilizzato lo stesso verbo affermando che Gesù “depone” le vesti, si china e lava i piedi dei discepoli facendosi servo.

Queste, dunque, le conclusioni: siamo buoni pastori nel momento in cui ci chiniamo per servire. Attenzione, però: non per metterci a servizio dei desideri degli altri, ma della loro bellezza.

Don Michele Fontana

1 commento

  1. Buongiorno Don Michele
    ci vuole umiltà per servire gli altri come ci insegna Gesù e specialmente gli ultimi, noi c’è l’abbiamo?
    Tante volte non siamo umili nemmeno con noi stessi.

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