Ai discepoli che ancora stentavano a credere nella risurrezione, Gesù ha detto: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho».
Nel narrare l’episodio, san Luca non intende solo contrastare il pensiero del mondo greco incapace di concepire una risurrezione della carne, ma vuole anche suggerire che da quella Pasqua in poi Gesú si mostra nella carne ferita, e si fa toccare nelle piaghe dell’anima, dello spirito e della psiche dei crocifissi che portano i segni della sofferenza.
Oggi, come allora, Gesù invita a toccarlo e a guardarlo nel pianto di una madre, nel gemito di un neonato, nella solitudine di un anziano, nella sofferenza di un ammalato, nello smarrimento di un disperato, nelle mani protese di un bisognoso, nel timore di un bullizzato.
Oggi, come allora, Gesù ci aspetta nei cenacoli del dolore dove sono sbarrate le porte della speranza.
Accogliamo l’invito e andiamogli incontro.
Don Michele Fontana.
Buongiorno Don Michele, Cristo è nel pianto di una madre, nel gemito di un neonato, nella solitudine di un anziano, nelle mani di un bisognoso ma forse noi non riusciamo a riconoscerlo perché abbiamo una visione diversa di Dio, e allora come possiamo accoglierlo e andargli incontro, il regno di Dio che recitiamo nel pater nostro secondo me lo dovremmo costruire noi con la nostra vita.
Condivido pienamente. Grazie del pensiero!