Sono incalcolabili gli appellativi con cui nel corso dei secoli il fiume ininterrotto di fedeli ha invocato la Vergine Maria: Piena di Grazia, Madre di Dio, Tempio dello Spirito Santo, Immacolata, Assunta, Addolorata, Avvocata, Ausiliatrice, ecc.
Tutti belli, tutti profondi perché esprimono la fede, l’amore e la devozione dei figli nei confronti della Madre. Una devozione intrisa d’affetto, ricerca di protezione, richiesta di benedizione e volontà d’imitazione.
Nello sterminato elenco mariano c’è un appellativo che è proprio di Gagliano, nato e utilizzato unicamente in questo territorio.
Era infatti usanza, soprattutto tra i consociati del SS. Rosario, rivolgersi alla Madonna chiamandola Parrera.
Il termine è un francesismo e viene da “pierreux“, che significa pietraia.
L’attribuzione alla Madonna molto probabilmente è dovuta alla presenza di una cava di pietre che ospitava le celle di monaci basiliani sulla quale quasi mille anni fa è stata costruita la chiesa di Santa Caterina, poi divenuta chiesa del SS. Rosario.
Il nome Parrera quindi è passato dal luogo alla chiesa, e dalla chiesa alla Madonna che con essa è un tutt’uno nel cuore e nella devozione dei fedeli.
Invocare o inneggiare alla Madonna chiamandola Parrera significa riconoscere che lei è la cava nel cui cuore ciascuno trova una celletta da abitare per incontrare Gesù e trovare rifugio.
“Viva a Parrera“, dunque!
Carissimo don Michele, io da buon rosarista o rosariante, come meglio definirlo, ricordo il mio caro e amato papà di venerata memoria, peraltro faceva parte della Cattedra priorale del Santo Rosario, quando ero ragazzo mi diceva: ” … a Parrera ma ce pensa …”. E ricordo che era tanta la devozione che ogni qualvolta gli si bagnavano gli occhi, io allora non capivo, l’ho capito in seguito, da grande, ma soprattutto allorquando sono diventato diacono e mi sono affidato alla “Parrera” con gli stessi occhi bagnati che il mio papà aveva quando mi affidava a Maria di Nazareth. Un affettuoso e fraterno abbraccio in Cristo.